Descrizione
Lo svelamento della targa dedicata a Gerolamo Papetti, vittima della terribile esplosione del 12 dicembre 1969 alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano, e a suo figlio Giocondo, che quel giorno rimase gravemente ferito, è stato questa mattina in piazza Visconti occasione per riflettere sul passato e sul presente.
Nel 56° anniversario della strage di piazza Fontana, in una piazza Visconti che rinasce come luogo di incontro e di comunità, davanti a quella che un tempo era la filiale della Banca Nazionale dell’Agricoltura e oggi è sede di Monte dei Paschi di Siena, si sono radunati il Sindaco Andrea Orlandi, la vicesindaco Maria Rita Vergani, l’assessore alla Legalità Nicola Violante, l’onorevole Vinicio Peluffo, i consiglieri comunali Giuseppe Caronni (presidente del Distretto agricolo della Valle Olona) e Clelia La Palomenta, Fabio Guerri direttore della filiale MPS Rho, forze dell’ordine, associazioni d’arma, ANPI Rho, Aned, Anmil, singoli cittadini. La targa, presentata un anno fa, ha trovato sede definitiva: ricorderà le vittime innocenti di un periodo di eversione che scosse l’intera nazione.
Nel 56° anniversario della strage di piazza Fontana, in una piazza Visconti che rinasce come luogo di incontro e di comunità, davanti a quella che un tempo era la filiale della Banca Nazionale dell’Agricoltura e oggi è sede di Monte dei Paschi di Siena, si sono radunati il Sindaco Andrea Orlandi, la vicesindaco Maria Rita Vergani, l’assessore alla Legalità Nicola Violante, l’onorevole Vinicio Peluffo, i consiglieri comunali Giuseppe Caronni (presidente del Distretto agricolo della Valle Olona) e Clelia La Palomenta, Fabio Guerri direttore della filiale MPS Rho, forze dell’ordine, associazioni d’arma, ANPI Rho, Aned, Anmil, singoli cittadini. La targa, presentata un anno fa, ha trovato sede definitiva: ricorderà le vittime innocenti di un periodo di eversione che scosse l’intera nazione.
Maria Rita Vergani, vicesindaco e assessore alla Cittadinanza Attiva, fautrice dei percorsi di memoria avviati in città, ha letto l’articolo dell’11 dicembre 2020 de La Repubblica, scritto da Massimo Pisa, che ricorda nei particolari cosa stessero facendo le 17 vittime poco prima che esplodesse la bomba lasciata dagli esecutori in una valigia di pelle nel grande salone della banca milanese. “Un tuffo nella quotidianità di chi viveva i suoi impegni, come ogni altro giorno, e si è trovato catapultato in una triste pagina di storia perdendo la sua stessa vita”, ha sottolineato.
Mario Anzani, presidente di ANPI RHO, promotore della targa, si è così espresso: “Preservo nitidissima la memoria di quell’eccidio straziante e degli immediati inverecondi depistaggi, del turbamento di quei giorni, dei funerali delle vittime, con una folta presenza di lavoratrici e lavoratori, chiamati alla partecipazione dai sindacati. Non c’erano bandiere né striscioni, soltanto volti tesi e occhi lucidi. Era forte la sensazione di dolore che affliggeva, con i familiari delle vittime, un intero popolo. Era il più grave atto terroristico verificatosi fino ad allora nell’Italia repubblicana”. Anzani ha ricordato la manifestazione del 31 gennaio 1970, promossa dal Movimento Studentesco: “C’erano 50mila persone. Era la lampante dimostrazione che non si credeva alle verità ufficiali e che se ne voleva affermare un’altra, disvelando il disegno eversivo che si aveva di fronte. Su quella strage oggi non possono cadere silenzio e oblio. A ciò vuol contribuire ANPI e a ciò si lega la proposta di una targa in memoria di Gerolamo Papetti, l’agricoltore di Cascina Ghisolfa rimasto vittima della bomba, e di suo figlio Giocondo, gravemente ferito. La consapevolezza che nessuno abbia pagato lascia un marcato senso di rammarico non solo nell’animo dei familiari delle vittime ma in tutti i sinceri democratici. C’è il dovere di continuare a chiedere giustizia per le 17 vittime e per la diciottesima, l’anarchico Giuseppe Pinelli, morto tre giorni dopo in Questura per defenestrazione. E c’è il dovere della memoria intesa come sentinella vigile, come strumento di connessione del passato con il presente e con il futuro, come chiave che consenta alle nuove generazioni di conoscere la storia di questo nostro tormentato Paese, per costruirne uno migliore. Abbiamo conosciuto l’onta della strategia della tensione e del terrorismo. La mobilitazione popolare e delle forze democratiche unita all’azione di tanti eroici servitori dello Stato ha impedito all’altro Stato di prevalere su chi è fedele alla Costituzione. Per ANPI è massimamente necessario tenere alta la guardia”.
“Questa targa – ha auspicato Alberto Papetti, nipote di Gerolamo e figlio di Giocondo, dopo avere deposto una corona sotto la targa – non sia motivo di divisione, ma rimanga come un segno che in ogni caso la violenza e la mancanza di rispetto per la vita delle persone non porta niente di buono. Se ci voltiamo indietro a vedere cosa successe in quel periodo, e tutto partì proprio con la strage di piazza Fontana e poi continuò con una serie di attentati, vediamo che non ha portato ad alcun risultato. L’unica cosa che rimane è un elenco di lutti e tristezza nelle famiglie colpite da ignobili atti. Auspico che questo segno possa servire alle nuove generazioni per riflettere e prendere le giuste decisioni, tenendo dritta la barra della propria vita”.
Quindi la parola al Sindaco Andrea Orlandi: “Gerolamo Papetti nasce nel 1890, attraversa le tragedie di due guerre mondiali e si trova a intercettare uno dei momenti più bui della storia del nostro Paese quasi per caso. Ci sono vite che incrociano grandi tragedie e ci sembra surreale che possa capitare a un nostro familiare. Questa targa, in un luogo che lui sicuramente ha frequentato per la banca e per il Bar Nazionale che era luogo di ritrovo della nostra Rho, ci permette di ritrovare Gerolamo, ci rimanda ai valori della nostra città, dell’agricoltura: questa è la prima vera inaugurazione nella piazza che ancora non abbiamo inaugurato, non deve solo farci riflettere su quanto è avvenuto, ma deve darci indicazioni per il futuro. Occorre fare tesoro per guardare avanti non solo con occhi diversi, ma affinché ciascuno possa lasciare il suo segno, nel solco di quei valori. Spero che chi passerà da qui si fermi, prenda il cellulare e cerchi notizie sulla strage di piazza Fontana. Non è detto che tutti la conoscano: è uno sprone, per uscire dalla quotidianità e scoprire la storia. Una memoria che si fa testimonianza e guarda al futuro: la vita di chi è rimasto ucciso o ferito diventi bussola per il domani”.
Roberto Magagna, già attivo a Confagricoltura Milano, Lodi, Monza Brianza, ha aggiunto: “Quel 12 dicembre era un venerdì di mercato per le granaglie. Fu una pura casualità o un mero calcolo? Un calcolo perché in quella banca, in quei giorni, si voleva colpire un segmento della società civile, il mondo agricolo. Giocondo Papetti salvaguardava Cascina Ghisolfa e i suoi spazi verdi, è stato l’artista della sua conservazione. Nel mondo degli agricoltori era una persona rispettabile cui si guardava con stima. Non amava ambiguità, un uomo concreto, puntuale, attento. Uno stile d’altri tempi”.
Fortunato Zinni era impiegato alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Uscì dal salone, chiamato da un altro dipendente, pochi istanti dopo avere assistito a una contrattazione: “Fui l’ultimo a parlare con i Papetti. Lavoravo allo sportello 15, delegato agli agricoltori, con i quali bastava una stretta di mano, spezzata dalla mia mano, per sancire un contratto. Gerolamo aveva 78 anni, una sorta di leader. Convinse gli altri a parlarmi in italiano e non in dialetto, perché venivo dall’Abruzzo. Fui chiamato a un piano superiore per siglare un comunicato e mi salvai. Le banche allora erano prese di mira: dopo due bombe all’Altare della Patria, ci furono bombe alla Banca Nazionale del lavoro, alla Commerciale e in piazza Fontana. A morire furono dei lavoratori. Il 12 dicembre è una data importante non solo per il sindacato ma per tutti noi. Quella strage mise in pericolo la nostra giovane democrazia, mentre ci si apprestava a celebrare i 25 anni dalla Liberazione. In modo ignobile, ora, dopo 56 anni, ci hanno restituito una parodia della giustizia, perché su questa strage, a differenza di quelle di Brescia o Bologna, in cui si sono condannati i colpevoli e si sta cercando di condannare i mandanti, è calata una copertura totale invitando noi tutti familiari e superstiti all’oblio. Io dico no. Passo idealmente ai giovani il testimone, sono 56 anni che faccio la mia battaglia con i familiari delle vittime per l’accertamento della verità. Non ci hanno restituito niente. Anzi, ci hanno fatto pagare le spese processuali in Cassazione. Ci dicono che hanno individuato quelli che hanno attuato la strage ma siccome nel 1987 li abbiamo assolti non li possiamo adesso condannare, perciò ci dicono di stare tranquilli, di non scocciare. Ma oggi a Milano chi commemoriamo? Vittime innocenti? Allora dobbiamo dire alto e forte che, se quelle erano vittime innocenti, lo Stato non lo è e che a Milano, a differenza di Brescia e Bologna, il giudice è in altre faccende affaccendato”.
Giovanni Mocchi, vicepresidente dell’Associazione Piazza Fontana 12 dicembre 1969, ha chiesto al Comune un ulteriore passo: “Quel giorno fu un trauma per tutte le famiglie coinvolte. Mio padre aveva 33 anni ed era lì con suo fratello per la loro azienda agricola. Mia madre ne aveva 28. Io 3. Per le mogli e i familiari significò vite distrutte. A morire furono agricoltori onesti, con un solido onore, ai quali bastava una parola per sancire un affare. Noi cerchiamo di tramandare la memoria perché questa storia possa essere insegnata ai nostri figli. Questa targa dovrebbe parlare, dovremmo riuscire a mettere un qr code con gli interventi di oggi che tracciano la verità storica. Non ci sono i mandanti. Non c’è una verità giudiziaria, ma una verità storica c’è. E noi dobbiamo tramandarla. Sentiamo il dovere di cristallizzare questa memoria e di passarla ai nostri figli nella speranza di costruire una Italia migliore".
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Dèrniere modification: 12/12/2025 17:42:14