Descrizione
“Li conoscevo uno per uno me li ricordo bene. Portavano la pace, andavano tra gente per loro lontana sempre con il sorriso. Erano campioni di professionalità e umanità”.
I ricordi diretti del generale in congedo Vincenzo Giallongo e del generale di brigata Carmine Sale hanno commosso i presenti, così come le parole del tenente colonnello Emanuela Rocca che, da giovane sottotenente, si trovò a fornire aiuto psicologico alla famiglia di uno dei caduti, il cui figlio con disabilità indossò con orgoglio, ai funerali, la divisa del padre.
Mercoledì 12 novembre 2025 la cerimonia per lo svelamento della targa al Parco Europa, accanto al monumento al Carabiniere, dedicata ai caduti di Nassiriya è stata densa di momenti di commozione. Tante le persone presenti, a partire dai rappresentanti dell’Arma dei carabinieri, profondamente colpiti da quel terribile attentato del 12 novembre 2003 in Iraq.
I ricordi diretti del generale in congedo Vincenzo Giallongo e del generale di brigata Carmine Sale hanno commosso i presenti, così come le parole del tenente colonnello Emanuela Rocca che, da giovane sottotenente, si trovò a fornire aiuto psicologico alla famiglia di uno dei caduti, il cui figlio con disabilità indossò con orgoglio, ai funerali, la divisa del padre.
Mercoledì 12 novembre 2025 la cerimonia per lo svelamento della targa al Parco Europa, accanto al monumento al Carabiniere, dedicata ai caduti di Nassiriya è stata densa di momenti di commozione. Tante le persone presenti, a partire dai rappresentanti dell’Arma dei carabinieri, profondamente colpiti da quel terribile attentato del 12 novembre 2003 in Iraq.
Questi i nomi dei Caduti di Nassiriya:
Arma dei carabinieri
Sottotenente Enzo Fregosi
Sottotenente Giovanni Cavallaro
Sottotenente Filippo Merlino
Sottotenente Alfonso Trincone
Maresciallo aiutante S. UPS Massimiliano Bruno
Maresciallo Aiutante S. UPS Alfio Ragazzi
Maresciallo Capo Daniele Ghione
Brigadiere Giuseppe Coletta
Brigadiere Ivan Ghitti
Vicebrigadiere Domenico Intravaia
Appuntato Andrea Filippa
Appuntato Horatio Majorana
Esercito Italiano
Capitano Massimiliano Ficuciello
Maresciallo Capo Silvio Olla
Primo Caporal Maggiore Alessandro Carrisi
Caporal Maggiore Emanuele Ferraro
Caporal Maggiore Pietro Petrucci
Civili
Marco Beci, cooperatore internazionale
Stefano Rolla, regista.
L’iniziativa, voluta dal Consiglio comunale di Rho, ha visto la presenza del Sindaco Andrea Orlandi, del vicesindaco Maria Rita Vergani, degli assessori Emiliana Brognoli, Paolo Bianchi e Nicola Violante, del presidente del Consiglio comunale Calogero Mancarella e dei consiglieri Clelia La Palomenta, Andrea Recalcati e Uberto Re. Era presente l’onorevole rhodense Fabrizio Cecchetti. C’erano poi il tenente colonnello Daniela Nuzzo, a capo della Compagnia dell’Arma di Rho, il luogotenente Luigi Pino, che comanda la stazione di Rho, il primo dirigente del commissariato di Rho Carmela Perrone, il capitano della Guardia di Finanza Maria Francesca Lattarulo, carabinieri in congedo ed esponenti dell’Associazione nazionale carabinieri, affiancati dalle associazioni d’arma rhodensi, dal Gruppo Alpini Rho, dall’Associazione nazionale combattenti e reduci, da ANPI, Aned e ANMIL. Ma anche la Polizia locale di Rho con il comandante Antonino Frisone e i Vigili del fuoco, la cui sede affianca la caserma dei Carabinieri.
La cerimonia, coordinata da Paola Cupetti, responsabile dell’Ufficio Cerimoniale del Comune di Rho, si è aperta con la lettura della “Preghiera ai 19 italiani caduti a Nassiriya” scritta dalla casalinga Francesca Esposito e letta da Miriam Turato, di Caminante Teatro Selvaggio.
Per primo è intervenuto il generale in congedo Vincenzo Giallongo, che si trovava in Iraq con quanti quel giorno caddero vittima dell’attentato e rimase ferito: “Io li conoscevo bene, io li ricorderò per sempre”, ha detto, dedicando un pensiero a ciascuno di loro e anche ai nove civili iracheni, tra cui gli interpreti della missione. “Penso a Coletta, che aveva perso una figlia di 5 anni a causa di una leucemia e trovava serenità quando faceva sorridere un bambino. Penso a Intravaia, con cui bevevo il caffè al mattino. E poi Merlino, un amico, che voleva affrontare anche altre missioni. Non erano eroi, non cercavano la bella morte, anzi. Erano portatori di vita e di pace. Non andiamo all’estero per preparare la guerra. La missione Antica Babilonia aveva il compito di portare viveri e assistenza sanitaria. Ricordo quando salvammo il braccio a una bimba vittima di una grave infezione in un villaggio sperduto di sole 50 persone o quando una giovane colpita da un tumore alla testa fu portata in Italia per essere curata. Ci si occupava di sminamento, di addestramento della polizia locale, dell’educazione degli orfani. Quei colleghi facevano tutto con il sorriso sulle labbra, come sempre fanno i carabinieri. Sono certo che da lassù ci sorridono, certi di avere dato la vita per una giusta causa. Manifestazioni di questo tipo sono necessarie, per fare sì che il ricordo non si spenga. La targa è un monumento all’altruismo, alla dedizione, alla generosità. Di chi non c’è più e di chi è rimasto”.
Il tenente colonnello Emanuela Rocca, che comanda il Gruppo Carabinieri di Rho, così ha raccontato: “Il 12 novembre 2003 la guerra è entrata nelle case degli italiani. Obiettivo degli attentatori era la base Maestrale, dove c’erano i nostri carabinieri impiegati nella MSU, nostre unità specializzate multinazionali. Eravamo lì per ricostruire la pace in una realtà che da più di 25 anni era stata martoriata dalla dittatura. Eravamo lì per il popolo iracheno. Non ci eravamo rinchiusi in una caserma ai margini dell’abitato, perché l’atteggiamento dei carabinieri, dell’esercito, di tutte le forze armate in missione di pace è di essere lì per la gente, di dialogo, di vicinanza costante. Infatti, la gente del luogo ci voleva bene. La strategia di quel terribile gesto è stata di una organizzazione terroristica su scala internazionale che come unico scopo aveva indurre le forze di stabilizzazione a ritirarsi per riportare il Paese nel caos e nella dittatura”.
Rocca ha evocato un ricordo che non può dimenticare: “Il popolo italiano venne scosso da una ondata di addolorata partecipazione, decine di migliaia di persone sfilarono nella camera ardente al Vittoriano. Quel 18 novembre, ai funerali di Stato, milioni di italiani si fermarono per un minuto per partecipare al lutto nazionale. Io ero lì, giovane sottotenente ancora in formazione. Eravamo le prime donne alla Scuola Ufficiali e ci impegnarono come supporto alle famiglie delle vittime. A me fu assegnata la famiglia del sottotenente Filippo Merlino che aveva un figlio con una importante disabilità fisica che lo costringe in carrozzina. La mattina dei funerali sono andata a prendere la famiglia: il figlio indossava l’uniforme turchina del padre e questo fu un colpo al cuore. Ho visto negli occhi di quel ragazzo l’orgoglio verso il padre, che ha sacrificato la vita per portare democrazia e pace a persone che non conosceva. Questa consapevolezza è un contributo irrinunciabile. La memoria di chi ha speso la vita per il bene comune non appartiene alle forze armate né alle istituzioni, è patrimonio indissolubile dell’intera collettività".
Quindi al microfono è salito il generale di brigata Carmine Sepe, comandante del Comando militare Esercito Lombardia: “Parliamo non di forza armata, ma di forza amata. La parola “ricordare” chiama in causa il cuore, “rimembrare” la mente. Dentro una uniforme batte un cuore, ci sono famiglia e storia. In quel 2003 Giuni Russo cantava a Sanremo “Morirò d’amore”. Muore d’amore chi giura fedeltà allo Stato, amore per la missione, per gli altri. Io quei militari li conoscevo tutti, perché ero il capo della pianificazione, passavano da me. Davanti a un caffè la mattina si parlava dei figli, dell’Italia. Queste nostre forze armate sono fatte di persone semplici, di persone perbene. Qui abbiamo a che fare con etica e moralità, con qualcosa di sacro. Mio padre era un semplice operaio e mi ha insegnato l’onesto agire e l’onesto pensare. Credo che quando si mette il cuore in quello che si fa tutto è più bello ma si soffre di più. Questi nostri caduti hanno dedicato la vita alla pace, un ideale altissimo.”
Questo il discorso del Sindaco Andrea Orlandi, che ha voluto citare tutte le persone presenti: “Conta il cuore che uno mette, la capacità di rinsaldare i valori di una comunità non è da tutti, non è scontato. Le forze dell’ordine spesso lavorano dietro le quinte. Sapere che ci possiamo affidare a loro ci dona tranquillità e prospettive verso il futuro. Siamo qui in tanti, a tenere salda una comunità in tutte le sue componenti. E la scelta del Parco Europa non è solo legata alla vicinanza alla Caserma dei Carabinieri, ma perché è un luogo di passaggio, anche per le generazioni più giovani, che ora possono guardare il Monumento al Carabiniere e leggere questa targa con dei nomi che vogliono essere occasione di fare silenzio, un silenzio generativo, che porti a farci delle domande. Questo può fare in modo che ciascuno di questi nomi, delle loro storie, diventi un frammento della nostra comunità. Se penso a un grande mosaico, che è il nostro patrimonio del passato per guardare al futuro, immagino queste tesserine come quelle più luccicanti, inserite per riflettere luce. Un richiamo alle virtù civiche, indipendentemente alla professione che ciascuno svolge, a mettere in campo i propri talenti per edificare la casa comune di tutti. I carabinieri, come i militari dell’Esercito, sono mossi da una vocazione particolare. Rinunciano al tempo per la famiglia per servire chiunque abbia bisogno di aiuto. E’ una capacità che ha sempre contraddistinto le forze dell’ordine italiane. I nomi che oggi onoriamo sono esempio e testimonianza per le istituzioni e per la collettività, ma soprattutto per i giovani che cercano figure di riferimento. Sono contento di vedere qui, oggi, tante persone, che rappresentano tutta la città. Le vite di questi 19 italiani sono destinate all’eternità della vita. Il dolore e le ferite generati da quell’attentato non si ricomporranno ma sono patrimonio che si trasforma in forza che continua a camminare con le gambe di ciascuno di noi. Viva le forze armate, viva la nostra Città!”.
Miriam Turato ha letto con particolare bravura l’”Ode alla pace” di Pablo Neruda. Quindi è stata svelata la targa al suono del Silenzio ed è stato cantato l’inno nazionale. Il prevosto don Norberto Donghi ha benedetto la targa con queste parole: “Questi nomi sono fiamma viva, ricordano chi è stato al servizio della pace e del bene comune. Dobbiamo accogliere il sacrificio di queste vite spezzate, il loro ricordo rimanga con noi”.
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Dèrniere modification: 12/11/2025 20:41:17